domenica, febbraio 05, 2006
tu scrivi no?
Lo guardai come se mi vedessi attraverso i suoi occhi e riuscissi a cogliere l’istantanea del mio stupore che si fa stupore: uno specchio che guarda se stesso guardarsi. La musica era così alta da darmi la possibilità di prendere tempo: “Scusa?”. “Ti chiedevo se ancora scrivi!”.
La mia sensibilità era allo scoperto, impreparato alla domanda non ero in grado di ricoprirla, di metterla al riparo dalla eventualità di sottoporla suo malgrado e in pochi attimi ad una riflessione durata anni. Il rischio era di folgorarla con un’unica esposizione. Cinque parole in grado di trattenere per sé dal significato della frase una forza evocativa troppo grande per sprigionarla sul mezzanino di un bar bevendo long island a ritmo di elettronica anni ’80. Non riuscivo a trattenere l’unica parola che mi veniva in mente: “fuoriluogo!”. Cosa che valeva sia per me, corpopensiero in quel luogo, che per quella frase, richiestaccusa in quel momento. Mi concentrai sul bruciore di stomaco, spostandomi sul ricordo di un campro notturno prima e a quello di un prurito storico poi, compiendo un lungo piano sequenza dei mali del mio corpo, efficacissimo per distrarmi dai cattivi pensieri.. “No!”, dissi e praticamente urlai stupendo me per primo, mentre schioccavo le dita della mano sinistra tentando allo stesso tempo di afferrare il bicchiere. Uno in due? Gli chiesi gurdandolo da sopra il bordo del tamber. “Dai, offro io”, “No lascia” dissi mentre mi alzavo con ancora il bicchiere in mano facendo tintillare il ghiaccio mezzo sciolto. Mi girava un po la testa cosa che ovviamente tentavo di attribuire più allo shok che ai tre (quattro?) bicchieri di alcool ingeriti. Stavo richiamando alla mente tutti gli ultimi cocktail di fine serata e allo stesso tempo ne aggiungevo uno: un po triste questo pensai.
La mia sensibilità era allo scoperto, impreparato alla domanda non ero in grado di ricoprirla, di metterla al riparo dalla eventualità di sottoporla suo malgrado e in pochi attimi ad una riflessione durata anni. Il rischio era di folgorarla con un’unica esposizione. Cinque parole in grado di trattenere per sé dal significato della frase una forza evocativa troppo grande per sprigionarla sul mezzanino di un bar bevendo long island a ritmo di elettronica anni ’80. Non riuscivo a trattenere l’unica parola che mi veniva in mente: “fuoriluogo!”. Cosa che valeva sia per me, corpopensiero in quel luogo, che per quella frase, richiestaccusa in quel momento. Mi concentrai sul bruciore di stomaco, spostandomi sul ricordo di un campro notturno prima e a quello di un prurito storico poi, compiendo un lungo piano sequenza dei mali del mio corpo, efficacissimo per distrarmi dai cattivi pensieri.. “No!”, dissi e praticamente urlai stupendo me per primo, mentre schioccavo le dita della mano sinistra tentando allo stesso tempo di afferrare il bicchiere. Uno in due? Gli chiesi gurdandolo da sopra il bordo del tamber. “Dai, offro io”, “No lascia” dissi mentre mi alzavo con ancora il bicchiere in mano facendo tintillare il ghiaccio mezzo sciolto. Mi girava un po la testa cosa che ovviamente tentavo di attribuire più allo shok che ai tre (quattro?) bicchieri di alcool ingeriti. Stavo richiamando alla mente tutti gli ultimi cocktail di fine serata e allo stesso tempo ne aggiungevo uno: un po triste questo pensai.